I fiori sono dei sorprendenti testimoni dell’evoluzione delle specie botaniche e la primavera offre molte interessanti occasioni per scoprire in modo pratico e appassionante molti di questi “segreti”.
Una scampagnata nei prati vicini alla nostra azienda, ci ha spinti a documentare un paio di casi particolarmente eclatanti.
Incominciamo con la salvia dei prati, comune in quasi tutt’Italia, con l’eccezione delle regioni ioniche e della Sardegna. Questa pianta affida la propria riproduzione agli insetti impollinatori e per evitare di disperdere il polline nel vento o di rilasciarlo sulle zampe di animali di passaggio, protegge gli stami all’interno di due petali fusi tra loro a formare una specie di elmo. L’insetto impollinatore, quando raggiunge il fiore, cerca di intrufolarsi con la testa nella parte più profonda dove succhiare il nettare, così facendo aziona una specie di leva che spinge gli stami a fuoriuscire dal loro guscio, scaricando il polline sul dorso dell’insetto.
Nella sequenza di foto che segue abbiamo simulato l’insetto, azionando la leva con un sottile bastoncino. È visibile la discesa progressiva degli stami.
Poco oltre ci imbattiamo in un’orchidea spontanea ed anche in questo caso, fingendoci degli impollinatori, esploriamo con un bastoncino la struttura fiorale. Vediamo così che l’orchidea, invece di scaricare sull’insetto una certa quantità di polline, segue una strategia molto più drastica: rilascia l’intero stame (cioè il filamento contenente il polline) che viene appiccicato sulla testa dell’insetto. Il fiore di orchidea, in parole povere, gioca tutte le possibilità di riproduzione in un’unica volta. Evidentemente le orchidee devono per forza contare su insetti impollinatori molto selettivi per fiori della stessa specie e devono sviluppare ottime strategie per attirare questi insetti, altrimenti le probabilità che lo stame venga depositato su un fiore della stessa specie, sarebbe bassissima. Questo ci suggerisce due considerazioni: la prima è che ci sono solide ragioni se le orchidee sono fiori rari e assolutamente protetti, la seconda che la vaniglia bourbon ha ottime ragioni per essere costosissima. Infatti le coltivazioni di vaniglia coltivate lontano dal territorio di origine, mancano del loro specifico insetto impollinatore pertanto la fecondazione deve essere effettuata a mano da coltivatori esperti, fiore per fiore.
Nelle immagini sopra è possibile scorgere uno stame rimasto appiccicato sulla punta del bastoncino, dopo averlo introdotto all’interno del fiore.
Il pensiero di questa evoluzione così stretta tra insetti e piante è davvero affascinante e non smette di tormentarci. Ormai siamo alla ricerca ossessiva di cogliere un insetto nell’atto della fecondazione. La fortuna non ci assiste, ciò nonostante ci imbattiamo ugualmente in una prova schiacciante di questa coevoluzione tra pianta e animale: altre due specie di orchidee del genere Ophrys esibiscono una capacità di imitazione del loro partner di una perfezione tale da non richiedere nessun commento.