La biodiversità, un alleato contro insetti, patologie e cambiamento climatico

di Andrea Tantardini e Anna Borghi

L’aumento della biodiversità accresce la resilienza delle aree verdi, contrastando le infestazioni da parte di insetti, sia autoctoni sia di nuova introduzione, e lo sviluppo di patologie: è fondamentale perseguire un approccio che consideri le caratteristiche microclimatiche e le esigenze ecologiche delle specie vegetali da insediare.

Non molto tempo dopo la colonizzazione delle terre emerse da parte degli organismi vegetali, 510 milioni di anni fa, è iniziata la competizione da parte delle piante, dei loro parassiti e patogeni  in un rapporto di coevoluzione all’interno degli ecosistemi, naturali o modificati dall’uomo: le piante sviluppano strategie per contenere il consumo da parte degli insetti, mentre i fitofagi evolvono meccanismi per aggirare queste difese. Rivestono particolare importanza le relazioni mutualistiche, tra cui la presenza di impollinatori, e di predazione e parassitismo sui fitofagi.

Cause e conseguenze dell’aumento della temperatura globale

Foto: La valle delle felci a Villa Carlotta, Tremezzina (CO), in cui i platani permettono la creazione di un microclima adatto all’insediamento di Dickinsonia antarctica – foto di A. Tantardini

L’aumento della concentrazione dei gas serra atmosferici, in particolare dell’anidride carbonica (CO2), e il conseguente aumento della temperatura media globale hanno determinato alterazioni nei cicli di vita e nei rapporti tra piante e insetti. L’aumento di eventi siccitosi e la variazione del range di temperature a cui sono soggetti i viventi determinano stress diretti e indiretti alle diverse componenti vegetali utilizzate in ambiente urbano.

L’aumento della CO2 determina un minore accumulo di sostanze azotate all’interno delle foglie, per cui il valore nutrizionale delle piante diminuisce; di conseguenza, i fitofagi aumentano la loro attività trofica per soddisfare i loro fabbisogni nutritivi.

Le piante, in condizioni di stress, sono maggiormente suscettibili agli insetti: l’ingiallimento fogliare attira cicaline e rincoti e la variazione della produzione di metaboliti secondari determina un aumento dell’appetibilità per gli insetti masticatori, tra cui gli scolitidi.

Defogliazioni ripetute nella medesima stagione determinano un aumento della vulnerabilità delle piante all’infestazione da parte di parassiti e patogeni e alla siccità, come osservato su pioppi defogliati da Lymantria dispar. Tali problematiche sono spesso acuite da una non corretta ambientazione delle specie vegetali o da eccessive irrigazioni e concimazioni, che favoriscono lo sviluppo di malattie fungine o il proliferare di parassiti.

La biodiversità all’interno degli ecosistemi urbani

La resilienza di un’area verde, ovvero la sua capacità di mantenere struttura e funzionalità in risposta agli stress, è basata sulla biodiversità interspecifica, ovvero sulla presenza di specie diverse, e intraspecifica, evitando la messa a dimora di soli individui appartenenti alla medesima specie o cultivar: la presenza di graminacee nate da seme in un tappeto erboso risponde meglio alle variazioni di temperatura e umidità, permettendo nel tempo lo sviluppo di alcuni individui e la quiescenza di altri, in attesa delle migliori condizioni per crescere e riprodursi.

La biodiversità all’interno degli ecosistemi urbani permette di ripartire i rischi legati agli stress: il paesaggista, che conosce le esigenze specifiche delle specie vegetali, gioca un ruolo fondamentale per ambientare le essenze all’interno delle sue realizzazioni, ad esempio insediando specie sciafile quali le ortensie all’ombra di alberi quali pini, faggi, platani.

Ovature di Takahashia japonica su carpino bianco – foto di A.Tantardini

La progettazione degli spazi verdi deve considerare i microclimi legati a differenti esposizioni solari o superfici con caratteristiche termiche differenti, permettendo di insediare piante che non tollererebbero gli estremi termici. La capacità di individuare in natura microclimi particolari permette pertanto di attingere da essi specie da impiegare in specifiche aree: ecotipi sviluppatisi su versanti assolati, caratterizzati da substrati sottili e da forti escursioni termiche, possono essere collocati su tetti verdi o pareti verticali.

Uno degli aspetti più critici da considerare è l’irrigazione: l’apporto di acque calcaree addotte dall’acquedotto per compensare l’aumento di esigenze idriche può gradualmente alcalinizzare il pH del substrato, rendendolo inadatto alle specie insediate, anche a causa della riduzione della biodisponibilità di alcuni elementi minerali.

Nuovi parassiti

Adulto di Popillia japonica su azalea – foto di A.Tantardini

L’introduzione di insetti esotici ha determinato un aumento della mortalità in talune specie, con effetti acuiti dagli effetti del cambiamento climatico: l’ippocastano, soggetto a rossore non parassitario correlato a forti escursioni termiche, risulta suscettibile a nuovi parassiti (Cameraria ohridella, Guignardia aesculi, Erysiphe flexuosa) che ne hanno compromesso le caratteristiche estetiche. La diffusione della cocciniglia Takahashia japonica determinerà una diminuzione dell’impiego di specie esotiche, tra cui Liquidambar e Cornus florida, e autoctone, quali gelsi e carpino bianco, suscettibile a Citospora decipiens e a infestazioni da parte di Scolytus carpini, che favorisce la diffusione del fungo in presenza di temperature elevate.

Viceversa, infestazioni da parte di insetti di nuova introduzione, tra cui Popillia japonica, possono diminuire la diffusione di specie vegetali invasive, ad esempio del poligono del Giappone.

In conclusione, un incremento della biodiversità nelle aree verdi, attraverso la creazione di un mix diversificato di piante autoctone ed altre più adatte all’ambiente, contribuisce a rendere gli ecosistemi più resilienti anche di fronte ai cambiamenti climatici.

Andrea Tantardini

Laureato in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Milano, ha lavorato come sperimentatore e fitopatologo presso la Fondazione Minoprio e il Laboratorio Fitopatologico del Servizio Fitosanitario di Regione Lombardia.
Dal 2020 svolge l’attività di dottore agronomo libero professionista, occupandosi in particolare della diagnostica di malattie e parassiti e della difesa sostenibile delle piante in vari ambiti, dal settore vivaistico alla consulenza per giardini e parchi storici.

Anna Borghi

Laureata in Scienze Ambientali indirizzo agrario e dottore di ricerca in Agricoltura, Ambiente e Bioenergia presso l’Università degli Studi di Milano, è abilitata all’esercizio della professione di dottore agronomo.
Dalla laurea svolge attività libero professionale, occupandosi in particolare di gestione di beni paesaggistici, di consulenza aziendale relativa ai sistemi di gestione qualità-ambiente-sicurezza e di divulgazione ambientale.